Arte Visiva
FOTOGRAFIA
Vivian Maier. La fotografa ritrovata
Rimasto nell'ombra fino al 2007, quando il figlio di un rigattiere acquista un box a un'asta, il lavoro di una fotografa
sconosciuta in breve tempo viene apprezzato e si afferma a livello mondiale. Dal 3 marzo al 27 maggio, Palazzo Pallavicini a Bologna
dedica un'ampia mostra a Vivian Maier. A cura di Anne Morin.
BOLOGNA - Dal 3 marzo al 27 maggio 2018 l'incantevole Palazzo Pallavicini a Bologna propone al pubblico l'esposizione VIVIAN MAIER,
una straordinaria mostra con le magnifiche fotografie di una delle fotografe più apprezzate di questo secolo.
La mostra è realizzata da Palazzo Pallavicini con la curatela di Anne Morin di DiChroma Photography sulla base delle foto dell'archivio
Maloof Collection e della Howard Greendberg Gallery di New York.
La mostra offre ai visitatori un eccezionale percorso espositivo diviso in differenti sezioni tematiche, affrontando tutti gli argomenti che
la Maier sentiva più cari e vicini: infanzia, autoritratti, ritratti, vita di strada, forme e colore. La curatrice ha eseguito una selezione
molto accurata delle migliaia di fotografie a disposizione; vengono infatti presentate ben 120 fotografie in bianco e nero, di cui 10 in grande
formato, 90 di formato medio più una meravigliosa sezione di 20 foto a colori relativa alla produzione degli anni Settanta dell'artista.
Il lavoro di Vivian Maier (1926-2009) è rimasto nell'ombra fino al 2007, quando John Maloof, figlio di un rigattiere, acquista
un box a un'asta. Dalla scatola emergono effetti personali femminili di ogni genere appartenenti a una donna, Vivian Maier, il cui contenuto
è stato messo all'asta a causa di ritardi nel pagamento dell'affitto. Tra questi oggetti emerge anche una cassa contenente centinaia di negativi e rullini,
tutti da sviluppare. Dopo averne stampati alcuni ed averli mostrati in giro, Maloof si rende conto dell'immenso tesoro che ha tra le mani e,
grazie alla sua intuizione ed accurata divulgazione, porta in breve tempo questa fotografa sconosciuta a essere apprezzata e affermata a livello mondiale.
"Nessuno è eterno, bisogna lasciare il posto agli altri, è un ciclo. Abbiamo tempo fino alla fine e poi un altro
prenderà il nostro posto. E' tempo di chiudere e tornare al lavoro"
(Vivian Maier)
Dopo la morte della Maier, le sue fotografie vengono esposte in tutto il mondo: nella sua patria, gli USA, ma anche in Europa tra Danimarca,
Inghilterra e Francia, fino ad arrivare negli ultimi anni in Italia ed ora a Bologna con questa mostra.
L'originalità di Vivian Maier si esprime nel grande talento nello scattare fotografie che catturano particolari e dettagli
evocativi della quotidianità piuttosto che la visione d'insieme, raccontando così la strada, le persone, gli oggetti e i paesaggi.
L'obiettivo della sua macchina fotografica intercetta con attenzione soggetti poco considerati all'epoca, rendendoli invece
protagonisti del suo lavoro: la strada è il suo palcoscenico.
Nello studio dei suoi lavori si riscontra un altro filone: la Maier sviluppa, infatti, una vera ossessione per il gesto del fotografare, per
lo scatto vero e proprio e non per il risultato finale della fotografia.
Il modus operandi dell'artista è di scattare tante più immagini possibili, conservandole senza mostrarle a nessuno.
Mentre nella società contemporanea l'apparire è una priorità, la Maier risulta essere sicuramente all'avanguardia nonostante i
suoi tempi; come afferma infatti Marvin Heiferman, studioso di fotografia:
"Seppur scattate decenni or sono, le fotografie di Vivian Maier hanno molto da dire sul nostro presente. E in maniera profonda e inaspettata...
Maier si dedicò alla fotografia anima e corpo, la praticò con disciplina e usò questo linguaggio per dare struttura e senso alla propria
vita conservando però gelosamente le immagini che realizzava senza parlarne, condividerle o utilizzarle per comunicare con il prossimo.
Proprio come Maier, noi oggi non stiamo semplicemente esplorando il nostro rapporto col produrre immagini ma, attraverso la fotografia,
definiamo noi stessi".
Vivian Maier spesso diviene il soggetto delle sue fotografie con lo scopo, quasi ossessivo, di ricercare se stessa,
imprimendo la sua ombra, il suo riflesso, la sua silhouette nello scatto. Il gran numero di autoritratti presenti nella sua
produzione fotografica sembra esprimere una sorta di eredità nei confronti di un pubblico che non voleva, o forse non poteva, rappresentare.
Significativa evoluzione nel lavoro di Vivian Maier è il passaggio da fotografie in bianco e nero a immagini a colori; il cambiamento non
riguarda solo lo stile, ma anche la tecnica: dalla Rolleiflex passa alla Leica, fotocamera leggera, comoda da trasportare
che dava la possibilità di scattare le foto direttamente all'altezza degli occhi. Il suo lavoro a colori è singolare, espressivo,
libero, a volte anche giocoso, ma sempre con quella specifica caratteristica della casualità.
Dal 3 marzo al 27 maggio 2018
VIVIAN MAIER. La fotografa ritrovata
a cura di Anne Morin
promosso da Pallavicini s.r.l.
Palazzo Pallavicini
Via San Felice 24, Bologna
e-mail: info@palazzopallavicini.com
cell: 331/3471504
www.palazzopallavicini.com
Orari di apertura
da giovedì a domenica dalle 11.00 alle 20.00
Chiuso il lunedì, martedì e mercoledì
Aperture festività:1 e 2 aprile, 25 aprile, 1 maggio 2018
La biglietteria chiude 1h prima (ore 19 ultimo ingresso)
Brindisi a Palazzo con visita alla mostra:
venerdì 16 marzo dalle 20.30
giovedì 29 marzo dalle 20.30
venerdì 13 aprile dalle 20.30
venerdì 27 aprile dalle 20.30
venerdì 11 maggio dalle 20.30
venerdì 25 maggio dalle 20.30
Visite guidate alla mostra:
Sabato 24 marzo ore 11.00
Sabato 21 aprile ore 11.00
Sabato 5 maggio ore 15.30
a cura dell'associazione Didasco
di Michela Cavina e Ilaria Francia
Info, costi e prenotazioni: +39 348/1431230 (pomeriggio).
Press office
Culturalia - Bologna, Vicolo Bolognetti 11
Tel. 051 6569105 Cell: 392-2527126
info@culturaliart.com - www.culturaliart.com
Foto nell'ordine, "Selfportrait_undated", "New York (1953)" e "New York (1954)" di Vivian Maier. © Vivian Maier Maloof Collection, Courtesy Howard Greendberg Gallery, New York.
Comunicato Stampa
(1 marzo 2018)
Alcuni diritti riservati
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