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Musica - Biografie

LA VIOLETA DEL CILE
Musicista, poetessa, pittrice, scultrice, ricercatrice e studiosa del folclore cileno, dolce e passionale. Questo e molto di più è stata Violeta Parra, donna che ancora oggi suscita interesse, oltre che per la sua arte, per come affrontò la vita. Mossa da grandi ideali sociali espressi con senso artistico e creatività, non si stancò mai e non ebbe paura nel denunciare le ingiustizie, la povertà, gli abusi, ma ringraziò la vita fino alla morte, fino a quello sparo con il quale si tolse ciò che di più prezioso aveva elogiato nella sua canzone che oggi ricordiamo come un testamento spirituale: Gracias a la vida.

SESTO SAN GIOVANNI - "(.) Ah che maniera d'elevarsi e d'essere eterna, questa donna! Di cielo in cielo corre o nuota o canta la Violeta terrestre.
Ciò che fu, continua ad essere, ma questa donna sola nella sua ascensione non sale solitaria: la accompagna la luce della melissa, dell'oro attorcigliato della cipolla fritta (.)In vino allegro, in picaresca allegria, in fango popolare, in canto semplice, Santa Violeta, tu ti convertisti, in chitarra con foglie che riluccicano al brillare della luna, in prugna selvaggia trasformata, in popolo sincero, in colomba del campo, in un piccolo tesoro (.)"
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Sono per Violeta Parra le parole con cui Pablo Neruda "dipinge" il ritratto di una grande artista cilena: donna dalla vita intensa che ha saputo trasformare il suo dolore in poesia e la rabbia in musica, grazie ad un profondo legame intrecciato e intessuto pazientemente nel tempo con il suo popolo.
Un legame impregnato e intriso di odori, di sapori, di cultura, di tradizioni andine di una terra antica come il Cile, e reso solido dalla condivisione delle sofferenze di chi ha sempre dovuto combattere contro la povertà e i soprusi.
Violeta oggi è una figura così radicata nella cultura dell'America latina, che ne è diventata un simbolo, al pari del Che, per le classi più povere che la considerano tuttora un alto esempio di riscatto sociale.
Nella scorsa settimana è andato in scena a Cassano Magnago lo spettacolo "Contar Violeta Parra" di e con l'attrice varesina Francesca Brusa Pasqué, dedicato appunto alla figura di questa donna straordinaria che fu cantante, o cantora, poetessa, scultrice e pittrice, dotata di talento artistico multiforme, cui il mondo deve il recupero della tradizione musicale del Cile e la nascita della Nueva Cancion Chilena (movimento culturale e musicale sorto in Cile dagli anni Settanta).
L'autrice Brusa Pasqué delinea, in questo lavoro teatrale, il personaggio di Violeta nel suo complesso: una donna con i propri amori e le passioni profonde, la vita privata nel rapporto con i figli, l'impegno sociale, il desiderio di cantare e dialogare con la gente più umile, e non ultime le grida disperate della depressione che la portarono a togliersi la vita, un anno dopo aver composto per ironia della sorte Gracias a la vida, la canzone che l'ha resa celebre in tutto il mondo.
Violeta del Carmen Parra Sandoval, terza di nove figli, nasce nel 1917 a San Carlos, un piccolo paese agricolo nel sud del Cile.
I Parra vivono in condizioni assai precarie e disagiate: il padre è un professore di musica alla continua ricerca di un lavoro stabile, la madre, Donna Clarisa, contadina di origine, suona la chitarra e canta canzoni popolari sostenendo l'intera famiglia con il lavoro di sarta. La vita è durissima per Violeta che già a dieci anni ha imparato a suonare la chitarra e insieme ai fratelli più piccoli guadagna qualche spicciolo come lavapiatti o pulendo le tombe al cimitero.
Impara presto a cavarsela da sola, tanto che, quando il padre perde il lavoro definitivamente, insieme alla sorella Hilda e a fratelli Eduardo e Roberto inizia a cantare sui treni, nelle piazze, nei circhi e nei bordelli, su e giù per un mondo rurale povero e affamato.
A dodici anni compone i primi versi, esprimendo nelle sue liriche le difficoltà e le paure di una bimba costretta a rinunciare agli studi per aiutare i genitori e i fratelli.
Nel 1929 il padre muore e Violeta decide di trasferirsi a Santiago dal fratello maggiore dove, raggiunta in seguito da tutta la famiglia, continuerà a cantare con i quattro fratelli.
Riprende gli studi, si diploma maestra e in giro per i locali della città conosce colui che diventerà il primo marito, Luis Cereceda, ferroviere e sindacalista, padre dei suoi primi due figli: Isabel e Ángel (da un secondo matrimonio nasceranno poi Carmen Luisa e Rosita Clara), prosecutori della tradizione artistica materna.
La voce di Violeta s'impone subito per le sue qualità originali, è infatti caratterizzata da un timbro acuto, graffiante, che scivola facilmente nel lamento; è una voce capace di spunti teneri e ironici, ma al tempo stesso di grida laceranti.
L'inizio degli anni Cinquanta segna la svolta della sua vita. Fino a quel momento le esibizioni del duo formato da Hilda e Violetta non differiscono molto dagli spettacoli folcloristici dell'epoca, e i repertori, così come gli abiti usati, idealizzano forse un po' troppo il mondo contadino, avvolgendolo in uno sguardo romantico.
E' il fratello maggiore Nicanor, studioso di poesia popolare cilena, a spingerla a cercare la propria strada fuori dai percorsi tracciati dal folclore tradizionale.
Violeta accoglie con entusiasmo il consiglio, intuendo subito il ruolo culturale che avrebbe potuto svolgere in favore del suo paese per fare emergere tradizioni d'immensa ricchezza, il volto autentico del Cile.
Armata di un registratore, di penne e quaderni, da sola o accompagnata dai figli, percorre il paese alla ricerca delle radici musicali del suo popolo in un "viaje infinito", un viaggio infinito.
L'obiettivo è di raccogliere, direttamente dalle voci degli anziani contadini, la moltitudine di canzoni popolari che stanno ormai scomparendo dalla memoria collettiva.
Il suo diviene un appassionato lavoro di ricerca antropologica, durante il quale riesce a recuperare negli anni le antiche tradizioni della sua terra.
E' di questo periodo la canzone Exilada del Sur -un occhio lo lasciai nei laghi/per un periodo casuale/l'altro rimase a Parral/in una bettola/ricordo quanta rovina da bambina vide l'anima mia/miserie e perfidie legano i miei pensieri/fra le acque ed il vento mi perdo nella lontananza-.
Tutto ciò diverrà essenza e materia del suo divenire artistico ed esistenziale, e più si addentrerà nel lungo viaggio alla riscoperta delle radici, più il suo aspetto esteriore diverrà specchio dell'essenzialità della terra andina.
Sottile e delicata, vestita con semplicità, con i lunghi capelli sul viso segnato dal vaiolo, la testa china sulla sua amata chitarra, Violeta continua a cantare e a studiare, forgiando i suoi versi sempre più diretti e sostanziali: "Io canto al modo di Chillàn/se ho da dire qualcosa/e non prendo la chitarra per ottenere l'applauso/Io canto la differenza che c'è tra il vero e il falso/altrimenti non canto".
L'artista, fiera del proprio lavoro, inizia nel frattempo una lotta senza tregua per ottenere riconoscimenti, sostegni e finanziamenti, contro le burocrazie e le istituzioni, ma anche contro la censura di chi tenterà di zittirla o ignorarla.
Numerosi sono i concerti che tiene nelle Università dove dialoga con i giovani, al contempo lavora alla radio come divulgatrice di musica della tradizione del proprio paese.
Entra a far parte del gruppo degli intellettuali cileni dell'epoca (Pablo Neruda le dedica la poesia Elegía para cantar) e nel 1955 è premiata come la migliore folclorista dell'anno e invitata a Varsavia al Festival della Gioventù.
Il viaggio in Europa segna una nuova tappa nella vita di Violeta che soggiorna in vari paesi e in particolare in Francia, dove incide dischi e riscuote i primi veri successi internazionali.
Nel 1956 rientra in Cile per creare e dirigere il Museo di Arte Popolare nella città di Concepción.
La morte della figlia Rosita Clara, in onore della quale scrive "Verso Por la Niña Muerta", la stimola a trovare altri modi di espressione, quali la ceramica e la tappezzeria.
Violeta si appassiona alla tessitura degli arazzi in iuta, dipinge e scolpisce; negli arazzi di lana colorata l'artista riproduce gli stessi motivi recuperati dalla tradizione: "Gli arazzi sono come canzoni dipinte», dirà in un'intervista, «mi sforzo per mostrare negli arazzi la canzone cilena, le leggende, la vita della gente".
Tiene corsi di ceramica e pittura sia in Cile sia in Argentina, tuttavia si sente più apprezzata all'estero che nel proprio Paese.
Per questo motivo, tra il 1961 e il 1965, sceglie di vivere in Francia dove espone le sue opere al Dipartimento di Arti Decorative del Louvre, suona in concerti per l'Unesco e al Teatro delle Nazioni, continuando la sua intensa attività artistica ed i suoi recital di musica folcloristica cilena.
In questo periodo Violeta stringe un'intensa e sofferta storia d'amore con il musicologo e antropologo svizzero Gilbert Favré, di diciannove anni più giovane di lei, destinatario delle sue più importanti composizioni d'amore (la bellissima Corazón Maldito, El Gavilán Gavilán, Qué He Sacado con Quererte e molte altre).
Violeta lavora instancabilmente, scrive poesie, si avvicina al Partito Comunista e compone canzoni di forte contenuto sociale e assai critiche nei confronti della Chiesa.
Intanto il panorama musicale cileno è in subbuglio, poiché nuovi fermenti stanno dando forma al movimento culturale"La Nueva Canción Chilena". Voci come quella di Víctor Jara - fondatore del gruppo Quilapayún-, di Rolando Alarcón, del duo formato da Isabel e Ángel Parra e i loro repertori di denuncia scuotono ormai i vecchi canoni della musica popolare.
Violeta decide di ritornare in Cile, è il 1965.
Si esibisce insieme ai figli e a Gilbert, ed è in quel momento che inizia la creazione dell'ultimo e importante progetto: la costruzione, alle porte di Santiago, di un grande Centro d'Arte Popolare capace di accogliere e diffondere il meglio del folclore latinoamericano, una sorta di grande tendone -La carpa de la Reina- (Il circo della Regina), ma seppur sostenuta dai suoi figli e da altri artisti, non trova il giusto consenso nel grande pubblico.
L'incomprensione del pubblico cileno è uno dei fattori che influirà sul doloroso finale della sua vita.
Tuttavia non perde le speranze e agguerrita come sempre, si tuffa in questa nuova impresa impegnando tutte le sue forze e le ormai precarie economie.
Partecipa ai festival, incide diversi dischi, si esibisce alla radio e alla televisione, e il grande tendone verrà inaugurato a dicembre 1965.
La sua storia d'amore con Gilbert finisce, egli parte definitivamente per la Bolivia (luogo in cui si sposerà poco dopo con la nuova fidanzata) con il gruppo musicale Los Jairas.
Questo dramma personale ispira a Violeta una delle sue canzoni più conosciute, la struggente Run Run se fue pa'l Norte, ella accusa i primi sintomi di un crollo depressivo.
Il progetto artistico per cui Violeta si è battuta non riesce a decollare poiché il pubblico è scarso e i costi troppo alti, ma l'artista continua a lavorare sodo senza darsi per vinta e nel 1966 registra quello che sarà il suo ultimo lavoro: Gracias a la vida, Volver a los 17, Rin del angelito sulla mortalità infantile, Pupila de águila, Cantores que reflexionan e El albertío.
Il 5 febbraio 1967, colpita ormai da una grave forma di depressione, Violeta Parra si toglie la vita. Di lì a pochi anni dopo, il Cile piomberà in uno dei periodi peggiori, violenti e bui della sua storia: l'ascesa al potere del dittatore Pinochet, colpevole di avere spazzato via uomini, donne, bambini, cultura, pensieri, idee.
Ho conosciuto Violeta Parra, musicalmente parlando, proprio negli anni contemporanei della feroce dittatura cilena, a causa della quale al gruppo musicale degli Inti Illimani venne riconosciuto l'asilo politico in Italia. Il gruppo si fece portavoce da noi e nel mondo dell'identità del popolo cileno e quindi anche di tante canzoni composte da Violeta, il cui ascolto oggi, rappresenta per me una sorta di "madeleine proustiana" capace di risvegliare i miei ricordi adolescenziali quando, insieme alla mia amica Luisa, trascorrevo i pomeriggi a cantare con la chitarra canzoni come ad esempio Lo que mas quiero -Quel che più amo- L'uomo che più amo/ha il fiele nel sangue/Mi priva del suo respiro/pur sapendo che pioverà/pur sapendo che pioverà/L'albero che più amo/è duro di comprendonio/mi priva della sua fresca ombra/sotto i raggi del sole/sotto i raggi del sole/Il fiume che più amo/non riesce a trattenersi/col rumore delle sue acque/non sente che ho sete/non sente che ho sete/Senza riparo/senza ombra/ senz'acqua e senza luce/manca solo che un coltello/mi privi della salute/mi privi della salute.
La canzone Gracias a la vida è ormai riconosciuta come un vero e proprio testamento spirituale, interpretata da numerosi cantanti quali Mercedes Sosa, Joan Baez, Elis Regina e Milton Nascimento, in Italia da Ginevra di Marco, Gabriella Ferri, Anna Oxa, oltre che dai figli. Ancora oggi la minuta ed esile Violeta suscita grande interesse, oltre che per la sua arte, anche per come si pose nei confronti della vita: una donna energica che non nascose le sue fragilità, dolce e passionale, struggente e malinconica come le sue canzoni.
Mossa da nobili ideali, ricca di creatività e grande senso artistico, Violeta denunciò con caparbia la povertà, la negazione dei diritti dei contadini, cantò le ingiustizie e gli abusi, ma ringraziò sempre la vita fino alla fine, fino al momento del suicidio, cantando, quasi come un paradosso, quel Gracias a la vida che la rese celebre in tutto il mondo prima che il sipario calasse per sempre: : "Grazie alla vita che mi ha dato tanto, mi ha dato il riso e mi ha dato il pianto, così distinguo gioia e dolore, i due materiali che formano il mio canto e il canto degli altri che è lo stesso canto e il canto di tutti che è il mio proprio canto".

Il ritratto sopra è Violeta Parra and the song "Black wedding" di Madalena Lobao-Tello, tratta dal sito www.redbubble.com


Fonti:
www.enciclopedia delle donne.it, articoli vari
il sito ufficiale www.violetaparra.cl
www.letras.s5.com/archivocanciones.htm
http://www.francescabrusapasque.net/CONTAR_VIOLETA_%20PARRA.html

Paola Marino
(14 aprile 2013)


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