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Pregiudizi e gerarchie (parte seconda)
Prosegue la selezione delle pellicole che aiutano a scoprire che cosa muove i fili dietro le quinte di molti pregiudizi e delle gerarchie. Che cosa nascondono, dove portano e che cosa accade quando li superiamo.


VOLTAIRE ET L'AFFAIRE CALAS (Francis Reusser, 2007) Nel 1761 a Tolosa il calvinista Marc Antoine Calas viene accusato ingiustamente di aver ucciso il figlio, che si diceva avesse intenzione di convertirsi al cattolicesimo. Il solo fatto di essere un odiato protestante conduce lui, la moglie, un altro figlio e la cameriera in prigione e a un processo basato sulle calunnie e sul sentito dire. A niente vale il referto medico che prova il suicidio del ragazzo, né la testimonianza di un fratello fattosi cattolico, né la sensata difesa dell'avvocato e il parere obiettivo di uno dei giudici. La vicenda viene riportata a Voltaire, ormai vecchio, che inizialmente rifiuta di occuparsene, ma quando viene a sapere che Marc Antoine Calas è orribilmente torturato e ucciso, dispiega tutte le sue possibilità per salvare almeno gli altri.
Si rabbrividisce per la malafede dei giudici che schiacciano senza pietà chi segue un credo diverso e che si fanno forti dell'essere in larghissima maggioranza per calpestare la verità. Turba anche il potere di un singolo uomo famoso, Voltaire, che, mobilitando tutte le sue conoscenze in Europa, riesce nel lodevole proposito di ottenere un nuovo processo e, per la prima volta nella storia, di riabilitare e addirittura indennizzare la famiglia vessata. Il farsi scudo di una religione o di un qualsiasi credo è sempre stato e purtroppo è ancora un modo comodo per nascondere e coltivare i propri limiti, la chiusura mentale, la rigidità e l'intolleranza che fanno pagare agli indifesi il prezzo della propria pochezza. Un pericolo che, anche su scala minore, è in agguato in chiunque.

THE READER (Stephen Daldry, 2008) Interpretato da Kate Winslet, Ralph Fiennes e David Kross, il film è tratto dal romanzo di Bernardt Schlink del 1995. La protagonista, rude, ignorante ma molto bella, nell'intensa e breve relazione con un adolescente cede all'amore. La profonda vergogna per essere analfabeta però è così forte da farla rinunciare al sentimento e al posto di lavoro. L'umiliazione che prova è tale da indurla ad addossarsi per intero una responsabilità che sarebbe toccata anche ad altri, subendo la condanna per i crimini commessi come sorvegliante ad Auschwitz, di cui non ha mai compreso, di fatto, neppure la gravità.
Una simile mostruosa inconsapevolezza sembra dipendere in buona parte dall'aggrapparsi all'unico punto di riferimento certo della propria vita: il dovere all'obbedienza. La debolezza interiore e la mancanza di fiducia nella propria coscienza sono così grandi da impedirle di seguire inclinazioni di umanità, che pure possiede. Non sa leggere né scrivere, ma anela ad ascoltare letture fatte da altri per lei. Sarà proprio l'ascolto di opere della grande letteratura a spingerla, finalmente, ad una parziale alfabetizzazione in carcere.

SI PUO' FARE (Giulio Manfredonia, 2008) Con Claudio Bisio, Anita Caprioli, Giuseppe Battiston e Andrea Bosca, il film tratta con umorismo e delicatezza il tema di come offrire una vita più dignitosa ai malati di mente. Dopo la legge Basaglia del 1978 che aveva chiuso i manicomi, erano state create delle cooperative di lavoro per impegnare gli internati in attività che, però, davano loro poca soddisfazione. Si trattava in realtà di un'elemosina, di assistenzialismo verso chi era ritenuto del tutto incapace di responsabilità. Invece, prese per il verso giusto, anche le persone più imprevedibili possono vivere riducendo al minimo indispensabile l'assunzione di farmaci, attingendo alle risorse interiori in attesa di una buona occasione. E' la convinzione di una cooperativa di Pordenone, alla quale ne sono seguite molte altre, a cui questo film si ispira.
I "normali" spesso sfogano la propria insoddisfazione tentando di controllare e frenare chi considerano inferiore. Sono disposti a compatire e ad offrire elemosine, vedendo molto sfavorevolmente ogni autonomia, proprio perché loro stessi ne hanno poca.

IL BUIO OLTRE LA SIEPE (Robert Mulligan, 1962) Il film è tratto dal libro "To kill a mocking bird" di Harper Lee, avvocatessa vincitrice del premio Pulitzer nel 1960. Il mocking bird è un uccello mimo e splendidamente canterino. Allude al giovane malato di mente dall'animo sensibile, vicino di casa di una famiglia progressista dell'Alabama, dove negli anni '30 in cui è ambientato il film si discriminano con particolare durezza i neri e tutti i diversi.
Interpretato da Gregory Peck, il titolo italiano del film sottolinea i pregiudizi e le paure nei confronti di tutto quello che si trova oltre il confine del proprio piccolo mondo, proprio come accade nella cittadina di Maycomb, la cui tranquillità viene turbata dal caso di un giovane nero, accusato ingiustamente di violenza e stupro da una ragazza povera e ignorante ma bianca, che si era invaghita di lui. La menzogna è sostenuta dal padre di lei, sfaccendato e violento, e a niente vale la dimostrazione di innocenza da parte dell'avvocato difensore.
Il senso di colpa per aver desiderato una persona che la società bandisce e aborrisce, la frustrazione di essere sessualmente respinti, la vergogna e la paura di essere sorpresi e puniti, possono portare a desiderare di distruggere chi sarebbe stato sempre la prova della propria grave trasgressione ai tabù sociali. Un film bello e profondo, che mette in luce quanto, alla base dei pregiudizi e della violenza, regnino sempre paura, ipocrisia e viltà, che trovano una solida base nell'ignoranza di sé.

Buona visione!

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Anna Cassarino
(17 marzo 2016)


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