Letteratura
POESIA - Muse
E par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare
Dalla lirica provenzale a quella siciliana, dalla stilnovistica a quella romantica fino a quella moderna: da sempre i poeti si sono ispirati
a figure femminili nella composizione dei loro versi. La donna dunque quale elemento strutturante della psiche e quale chiave per accedere, attraverso
l'esperienza d'amore, alla perfezione e al divino.
BRESSO - In un articolo precedente avevamo definito la poesia lirica come il regno del soggettivismo, cioè quel campo letterario entro cui l'io considera
se stesso e si considera in rapporto ad altro. L'alterità da una parte ne costituisce l'opposto, dall'altra il complemento, lo strumento di realizzazione
e di formazione, senza il quale una qualsiasi strutturazione psicologica dell'io poetante non potrebbe neanche darsi.
L'io, pertanto, in tutte le sue manifestazioni, è il risultato di un rapporto.
Tra le istanze psicologiche che hanno contribuito a formare il soggetto lirico e che storicamente si riconducono alla poesia lirica, quello della figura femminile e
della donna amata ha assunto un ruolo sicuramente preponderante.
Quello amoroso è il rapporto per eccellenza, almeno fino a un certo periodo storico, tale, per esempio, è l'amore cantato dai lirici provenzali,
dai trovatori: il "fin' amor", l'amore cortese.
Il codice cortese prevede che l'identità dell'amata rimanga nascosta e che il poeta sia innamorato di una donna già sposata, una nobildonna, la sposa di un signore.
Ciò garantisce l'inappagabilità del desiderio e una conseguente progressiva astinenza. La donna cortese diviene oggetto di un'ideologia: l'amore è importante perché
rende più valorosi, migliori; l'asservimento e l'obbedienza alla donna e al suo valore, fin quasi alla venerazione, raffina, nobilita e arricchisce l'uomo che,
seppur desideroso, rimane deciso all'astinenza in cambio di un innalzamento spirituale. L'amore cortese dunque è un amore impossibile e la donna viene
presentata come inaccessibile, più psicologicamente che fisicamente, viatico alla perfezione.
Un rapporto che riflette la tipica società feudale, con le gerarchie ben definite attraverso le due forme prevalenti di assoggettamento, il vassallaggio e l'adorazione religiosa.
Nella lirica siciliana, nella stilnovistica e in Petrarca la donna assume una nuova caratteristica. Non viene più esaltata solo per le sue qualità femminili, ma
soprattutto come figura angelica, tramite per la salvezza dell'uomo e l'elevazione a Dio.
La donna-angelo diviene mediatrice tra l'uomo e l'essere supremo: "...ella si va, sentendosi laudare,/benignamente d'umiltà vestuta;/e par che sia una cosa venuta/da cielo in terra a
miracol mostrare..." (Dante Alighieri).
Nella Divina Commedia sarà Beatrice ad accompagnare Dante in Paradiso. E non è nemmeno peccato innamorarsi e indirizzare verso questo essere terreno le lodi
e l'amore che solo a Dio convengono: ".tenne d'angel sembianza/che fosse del tuo regno/ non me fu fallo/ s'in lei posi amanza..." (Guido Guinizzelli).
L'uomo che ama si salva e tutto ciò che ella sfiora o tocca assume sembianza eterea: "Chiare, fresche et dolci acque,/ove le belle membra/pose colei che sola a me par donna;..."
(Francesco Petrarca).
E se la donna è angelo, il sentimento dell'uomo verso di lei non può che essere ideale e non ha nulla di carnale. Anche in queste concezioni si rispecchiano i
caratteri dell'epoca, con una Chiesa dall'influenza sempre più preponderante, che introduce l'indulgenza quale riscatto dietro pagamento per la propria salvezza.
La donna in questo senso diviene non solo viatico all'elevazione spirituale ma anche alla salvezza, all'avvicinamento a Dio.
Nella poesia lirica romantica il discorso d'amore e sulla donna diventa minoritario rispetto alle epoche precedenti.
Il tratto comune rimane tuttavia l'impossibilità della realizzazione e del desiderio. Ma se la poesia provenzale e quella stilnovistica vedono in questa mancanza, pur
con tutte le amarezze che ne derivano, un elemento positivo, un mezzo per raggiungere la perfezione, la poesia romantica interpreta questa mancanza come fonte di tormenti.
La donna pertanto incarnerà le aspirazioni del poeta e le sue illusioni, facendosi sogno evanescente, ideale irraggiungibile, idea platonica.
"...ma per te le mortali ire e il destino/spesso obliando, a te, donna, io sospiro:/ luce degli occhi miei chi mi t'asconde?..." (Ugo Foscolo).
Spesso dietro la donna amata che si nasconde o è nascosta si cela l'ideale della patria perduta e l'aspirazione al ritorno.
La bellezza della donna è anche ciò che permette di superare l'ossessione dell'idea della morte che sopprime gioie e passioni, che offusca ideali e speranze: ".così ancelle
d'amore/a te d'intorno volano/ invidiate l'Ore./ Meste le Grazie mirino/chi la beltà fugace/ ti membra, e il giorno dell'eterna pace." (Ugo Foscolo).
Il tempo inesorabile che avanza e la fugacità della vita sono poi legate a un'immagine di giovane donna, gioiosa nell'attendere ai propri doveri e ignara del futuro:
"...Silvia, rimembri ancora/ quel tempo della tua vita mortale/quando beltà splendea..."(Giacomo Leopardi).
Qui la donna rappresenta il periodo di speranze giovanili, in cui l'idea dell'avvenire suscitava grandi aspettative. Ancora, l'impossibilità di realizzare
l'amore può anche sfociare nella concezione di una figura femminile che non si sa se è esistita o se esiste: "...Ma non è cosa in terra/ che ti somigli; e s'anco pari
alcuna/ ti fosse al volto, agli atti, alla favella,/ saria, così conforme, assai men bella." (Giacomo Leopardi).
Nella poesia moderna i riferimenti femminili si fanno più radi e comunque diversamente interpretati. Fa eccezione Montale, che recupera in un certo senso il modello
della donna angelo, che conduce l'uomo alla salvezza, aiutandolo a fuggire dall'inferno della storia e dalla prigione dell'esistenza quotidiana.
Per svolgere questo compito la donna può anche rappresentare una dimensione diversa da quella reale: "...Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio/non già perché
con quattr'occhi forse si vede di più./Con te le ho scese perché sapevo che di noi due/le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,/ erano le tue." (Eugenio Montale).
Al di là delle differenze dettate da epoche e costumi, la donna dunque quale elemento strutturante della psiche, come chiave, attraverso mille diverse sfumature ed
interpretazioni, per accedere alla perfezione, al divino, all'assoluto, all'infinito.
Pietro Luciano Belcastro
(30 gennaio 2012)
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