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Attualità

La Terra è stanca
Una riflessione aperta sul mondo che abbiamo creato, la percezione che abbiamo del pianeta che ci ospita, le conseguenze inevitabili sulle nostre vite e sull'ambiente in cui viviamo. Siamo così sicuri di incarnare un modello sano che può fare a meno di considerare il proprio stato di salute e quello della Terra che abitiamo?

Scopo di questo magazine è quello di pubblicare articoli dedicati al femminile espresso attraverso i diversi linguaggi artistici. Tuttavia, essendo il femminile come lo intendiamo soprattutto un modo di porsi nella vita oltre che nell'opera d'arte, è giunto il momento di dedicare un articolo a ciò che lo incarna per eccellenza: ovvero la Terra, a cui tutti gli esseri viventi appartengono, che lo riconoscano o lo ignorino.
Inseriamo questa riflessione aperta nella rubrica di Attualità, perché a nostro modo di vedere non vi è nulla di più attuale che fare un punto della situazione in merito al mondo che noi esseri umani abbiamo creato nel bene e nel male, e di chiederci se questo modello giovi al nostro benessere e, direttamente o indirettamente, anche a quello del pianeta che abitiamo. Qualcuno potrebbe obiettare che non siamo abbastanza qualificati per occuparci dell'argomento o che il tema non sia pertinente. Ci dispiace per costoro, ai quali rispondiamo che uno dei problemi decisivi risiede proprio nel fatto che argomenti di tale portata vengano trasformati in materiale esclusivo per studi di settore, articoli di divulgazione scientifica, libri, saggi e interventi per addetti ai lavori. Ci sentiamo "autorizzati" nella misura in cui siamo esseri umani che abbiamo scelto di non ignorare e, a scanso di equivoci, sono state proprio le letture di determinate opere, interviste e pubblicazioni ad aver provocato queste riflessioni, concordando con gli autori che il massimo ostacolo risiede sempre nell'assenza di responsabilità individuale e di un'adeguata funzione etico-culturale.

Siamo abbastanza adulti da avere alle spalle un trascorso di vita sufficientemente lungo per constatare che la discrepanza tra i modelli di governo che si sono avvicendati nel mondo e i loro reali effetti sulla vita delle persone sia incolmabile: molti di noi hanno dovuto accettare con sconcertante verità che non esistono più sostanziali differenze tra destra e sinistra, repubblicani e democratici, conservatori e laburisti, dittatura e democrazia: gli obiettivi dichiarati che hanno fruttato loro il consenso vengono regolarmente disattesi in nome di emergenze o contingenze di primaria importanza. A lungo andare ci si chiede: possibile che ci sia sempre qualcosa di più importante del reale benessere della gente e della salute del nostro pianeta? Come mai forme di pensiero e di governo così antitetiche finiscono per somigliarsi, se guardate da questo punto di vista?

Forse il mondo che gli esseri umani hanno creato non ha lo scopo di far stare bene le persone e il Pianeta. Forse non è mai stato questo l'obiettivo primario. Ma allora qual è? Cosa c'è di più importante? Osservando con attenzione la storia dell'umanità da un certo periodo in poi, l'unico denominatore comune pare essere il controllo più che il benessere: nello specifico, il controllo sulle masse e sulle risorse del pianeta. Abbiamo assistito all'avvicendarsi di numerose forme di governo e altrettanto numerosi sono stati i modi di vedere adottati dai popoli di questa Terra. Per un motivo o per l'altro, gli esempi e i suggerimenti più virtuosi dall'alto e dal basso sono stati ignorati, se non messi a tacere.
Che cosa ci rende tanto spavaldi e superiori da esercitare il controllo sui nostri simili, il pianeta e le sue risorse, senza preoccuparci minimamente delle conseguenze delle nostre azioni?
I grandi maestri insegnano da sempre che la smania di controllo e l'arroganza sono le forme tipiche di chi ha paura: di non farcela, di perdere, di soffrire, di patire, dell'ignoto, di sapere, di dover affrontare, di prendersi la responsabilità. Non a caso sono anche le forme tipiche del mondo che abbiamo creato.
Se da un lato impressiona l'indifferenza dei governi rispetto alle sorti della gente comune, allo stesso modo impressiona l'indifferenza della gente comune nei confronti dei propri simili e del pianeta. La normalizzazione dell'abnorme è divenuta la condizione di base di cui il nostro sistema si nutre, ma la nostra hybris - in greco antico "superbia", "eccesso", "prevaricazione", "tracotanza" - è cresciuta al punto da spingerci a perseverare, nella ferma convinzione che la cosa non ci riguardi.
La hybris erta a sistema è il motore del mondo che abbiamo creato. E non essendoci più divinità pronte a punirci poiché abbiamo superato anche queste ingenue superstizioni, a differenza dell'antichità la catastrofe della tragedia non viene più percepita come la giusta punizione che ristabilisce l'equilibrio suscitando la catarsi, bensì è divenuta la condizione permanente in cui viviamo, e che sopportiamo attraverso la normalizzazione dell'abnorme. Una nuova forma di socialità planetaria, di cui siamo tutti attori e spettatori al contempo, ed è precisamente di questo modo di sentire, pensare ed agire che la Terra è stanca!

Facciamo qualche esempio, giusto per ricordarci chi siamo.
1) La fame nel mondo.
Non stiamo parlando dei preoccupanti numeri dei casi di morbillo, per cui ricorriamo immediatamente ai ripari, intervenendo come Stato per risolvere il problema in tempi record. Parliamo di 815 milioni di persone che muoiono di fame ogni anno, vita più, vita meno. Una tragedia. E come ci muoviamo per risolverla?
Pubblichiamo rapporti allarmanti e li divulghiamo, tuttavia non stanziamo risorse allo scopo nei bilanci dei nostri Stati perché non ci sono i soldi; interpelliamo quelli che riteniamo i migliori cervelli del pianeta, facciamo studi di settore e deduciamo che la fame nel mondo dipende dalla scarsità di cibo, anche se continuiamo a distruggere migliaia di tonnellate di raccolti ogni anno; crediamo anche che sia colpa della Natura, che non è più capace di sfamarci tutti e allora ci sostituiamo ad essa brevettando semi (OGM) per cui investiamo cifre astronomiche nella ricerca, e, dal momento che la biodiversità evidentemente ha fallito, ci auguriamo che venga al più presto rimpiazzata dalle monoculture.
2) La guerra nel mondo.
Un punto nevralgico che affligge il nostro pianeta e che provoca dolore, terrore, morte, profughi, distruzione. Tutti concordiamo su quanto sarebbe preferibile un mondo senza, ma trattasi di una questione troppo complessa.
Un'altra tragedia. E come ci muoviamo per risolverla?
Dichiariamo reato il traffico illegale di armi, ma perfettamente legale la loro produzione, anzi quotiamo in borsa le società produttrici in modo che ci si possa investire tutti, arricchendoci; siamo convinti che riusciremo a costruire la pace proprio continuando a produrre armi di guerra sempre più sofisticate, nella speranza che a quelle di distruzione di massa ci si arrivi prima del nemico. E dal momento che la questione ci sta davvero a cuore, stanziamo ogni anno cifre iperboliche nei bilanci degli Stati per finanziare "missioni di pace"; non ci tocca minimamente il fatto che i maggiori produttori di armi da guerra nel mondo si trovino nei paesi dove regna la pace.
3) La povertà nel mondo.
Una questione inaccettabile, che indigna le masse e i governi tutti. Fortunati coloro che passano su questa Terra senza dover sperimentare in prima persona questa condizione.
Una vera tragedia. E come ci muoviamo per risolverla?
Siccome prevenire è meglio che curare, iniziamo con l'accumulare il più possibile per paura della scarsità, saccheggiando le aree ricche di risorse (oro, argento, pietre preziose, carbone, gas, petrolio, acqua, terra fertile); se nessuno se ne accorge meglio, altrimenti proviamo a dare loro qualche cosa in cambio, convincendoli del vantaggio e della convenienza dell'accordo. Costruiamo nel grande come nel piccolo sistemi esclusivi, i soli in grado di tutelarci veramente, dove chi possiede ha diritto di vivere e prosperare e chi non possiede è destinato ad arrangiarsi o a soccombere. Dal momento che la massa però è numerosa, facciamo in modo che non possa comprendere, istruirsi, prendere coscienza altrimenti saremmo costretti a distribuire più equamente le risorse, ma questo non deve accadere. Perveniamo infatti alla convinzione profonda che la povertà delle masse è l'unico modo per garantire la sopravvivenza della specie su questo pianeta e che la scarsità è una condizione impostaci dalla Natura, pertanto ognuno deve arrangiarsi come può, altrimenti sarà spacciato, sebbene risuoni tremendamente ingiusto per gli esclusi.
4) Inquinamento e riscaldamento globale.
Potremmo definirlo il contributo più recente e distintivo della nostra specie. Una catastrofe. E come ci muoviamo per risolverla? Intanto partiamo col negare la proporzione e la gravità della cosa, circoscrivendola a singoli fenomeni lontani (nel Pacifico, in Amazzonia, nei circoli polari), ragion per cui non ha ancora senso inserire una voce dedicata nel bilancio dei nostri Stati; poi siccome il mondo è pieno di gente di buona volontà e di attivisti, diamo loro un senso permettendogli di ripulire il pianeta dalla plastica e dai rifiuti che produciamo, mentre firmiamo accordi internazionali per la riduzione di emissioni; se poi salta fuori qualche multinazionale che si disfa dei rifiuti tossici causando disastri ambientali, non facciamone un dramma quando abbiamo il terrorismo in casa e le nostre città non sono più sicure. Comunque, abbiamo capito che la Natura non è poi così affidabile, lasciandoci in braghe di tela con le sue risorse non rinnovabili, così abbiamo iniziato ad investire in altre forme di energia pulita, come il fotovoltaico, che incentiviamo con contributi statali, e anche se non sappiamo dove e come smaltiremo tutta questa roba, è un problema che ci porremo quando verrà (peraltro pare che lo smaltimento dei rifiuti sia il vero business del futuro, quindi forse è anche un bene!). Infine, se poi tutto dovesse andare a rotoli con l'innalzamento dei livelli dei mari, l'aria cancerogena delle città, il disboscamento indiscriminato, l'inquinamento delle falde acquifere, le piogge acide, i raccolti a base di pesticidi e l'intero ecosistema compromesso, non è detto che io sarò qui a vederlo, i miei figli avranno un microchip per la soluzione di ogni problema, e i miei nipoti abiteranno su Marte. La specie umana non è sempre stata così: per millenni abbiamo seguito altri modelli di sviluppo e siamo cresciuti persino senza il concetto di guerra. Alcuni di noi hanno prodotto cose straordinarie e lo hanno fatto ad appannaggio di tutti. Altri accettano quotidianamente la sfida della vita e si prendono la responsabilità di quello che sono, nel bene e nel male. E non è affatto vero che questo pianeta non è grande e ricco abbastanza per tutti: questa è probabilmente la più colossale fake-news della storia!

Il motivo per cui la Terra è stanca è di vedere continuamente i propri figli soccombere e distruggere perché hanno paura di vivere.

In alto, "Quando la Terra parla", foto di Daniela Bestetti.

La Redazione
(06 giugno 2018)


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