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MUSICA - Biografie

Buon compleanno M.me Greco!
"Dum loquimur fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero". Mentre parliamo il tempo sarà già fuggito, come se ci odiasse: cogli l'attimo, confidando il meno possibile nel domani.
ORAZIO (65 a.c. - 8 a.c.)

SESTO SAN GIOVANNI - Ero piccola quando l'apparizione di Belfagor in televisione, il celebre fantasma di uno sceneggiato francese che si aggirava nelle stanze del Louvre avvolto in un mantello scuro e il volto nascosto da una maschera, mi impauriva al punto che mi andavo a nascondere sotto il tavolo.
Ciò nonostante la mia curiosità era tale che continuavo a vederlo tra le gambe dei miei genitori, ma con una mano davanti agli occhi le cui dita lasciavano piccole fessure dalle quali scorgere appena la mostruosa figura. Tante sono state negli anni successivi le repliche trasmesse dalla RAI, e penso che tutti i bambini a quella visione abbiano fatto un sussulto e si siano nascosti nei letti di mamma e papà.
Non nego che, ancora oggi, se mi trovo a percorrere un corridoio lungo e buio, lo faccio un po' di corsa perché il ricordo di Bélphegor che cammina di notte nelle sale del Louvre mi fa riaffiorare leggeri brividi e ingenue paure fanciullesche.
Mia madre mi rassicurava, dicendomi che era tutta una finzione e che l'attrice che impersonava il fantasma altri non era che la cantante fotografata sulla copertina di un disco che in casa ascoltavamo spesso.
Era la figura magnetica dell'artista musa dell'esistenzialismo e icona della chanson française: Juliette Greco.
Donna dalla voce profonda, dagli occhi lunghi truccati da regina egizia e dallo sguardo scuro e penetrante.
Oggi mi chiedo se il mio amore smisurato per la Francia e la sua cultura, dalla letteratura alla musica, dalla pittura al cinema, non sia nato proprio dall'ascolto di quel disco, in cui Les Feuilles mortes animavano in me fantasiose immagini di una lontana Parigi ancora tutta da scoprire.
In occasione del suo recente compleanno, sento il desiderio di rendere omaggio con queste poche righe a M.me Juliette Greco, che ha rappresentato e tutt'oggi rappresenta buona parte della cultura francese.
Circa un mese fa ha compiuto 85 anni, nata il 7 febbraio 1927 a Montpellier, e per la circostanza ha festeggiato con tre concerti-evento sul palco del Theatre du Chatelet di Parigi.
Ha da poco inciso un cd intitolato Ca se traverse et c'est beau, contenente 13 canzoni. Tredici storie, che narrano dei ponti di Parigi e del significato intrinseco del ponte nelle relazioni umane: i ponti che si gettano tra le persone e quelli che si tagliano alla fine di un legame; ponti come luogo d'incontro o come spinta verso la morte.
Anche in questo nuovo lavoro l'artista ha mantenuto quell'impegno letterario e musicale che l'ha vista sempre protagonista, insieme alle donne e agli uomini di pensiero: due testi portano infatti le firme di Amelie Nothomb e di Philippe Sollers, uomo di spicco della cultura francese contemporanea.
In concomitanza con il nuovo album, è uscita anche una seconda autobiografia (la prima risale al 1982) Je suis fait comme ça (Sono fatta così), il cui titolo riecheggia la canzone su versi di J. Prevert Je suis comme je suis, che M.me Greco incise nel 1951.
"Sono quella che sono - cantava - sono fatta così, se ho voglia di ridere, rido come una matta. Amo colui che m'ama, non è colpa mia se non è sempre quello per cui faccio follie. Sono quella che sono, sono fatta così, che volete ancora, che volete da me".
Cantante capace di muovere corde profonde, M.me Juliette vestita da sempre di nero "perché - rispose in un'intervista di qualche anno fa - è l'unico colore che mi difende e protegge, con un altro qualcuno potrebbe vedermi" incarna in sé la storia della Francia intellettuale degli anni del dopoguerra, grazie all'incontro con grandi pensatori, poeti, filosofi con cui ha condiviso la sua vita con assoluta naturalezza, da persona "normale" come ha sempre detto; che ha avuto il privilegio e la possibilità di esprimersi in scena in un rapporto autentico con il proprio pubblico.
Ha cantato uno struggente mal di vivere sulle note delle liriche di Prevert, J.P. Sartre, R. Queneau e sulla musica di Joseph Kosma, per citarne solo alcuni, con la grazia di una donna che ancora oggi ricorda con grande lucidità tutto quel fermento vissuto con passione sulla Rive Gauche di Parigi.
Un incrociare di vite straordinarie, tra una chiacchierata con Camus e una serata con Ava Gardner o Errol Flynn, perché Juliette è stata anche un'attrice sensibile, amata e adorata, per merito del lavoro con registi di tutto pregio.
Oggi M.me Juliette vive tra un tranquillo paesino dell'Oise, nel sud della Francia, e Parigi; apprezza il rap, i suoi album vendono ancora e l'espressione dei suoi occhi guarda avanti. Si esibisce in alcuni concerti non disdegnando le apparizioni pubbliche.
Rimasta fedele agli ideali politici della sua giovinezza e degli ambienti in cui si formò, ogni occasione è buona per parlare contro l'oppressione dei regimi politici e per difendere i diritti umani.
Come non ricordare alcune sue grandi interpretazioni: Si tu t'imagines, Je suis comme je suis del 1951, Les Dames de la poste, Déshabillez-moi del 1967, Les feuilles mortes, la cui prima forma strumentale scritta da J. Kosma risale al 1945, La chanson des vieux amants del 1967.
Riascoltandole ci si rende conto di quante cose si riescano a dire in poche strofe, quante profondità e quanto sia vero che ci sono canzoni capaci di aprire dei mondi, dare vita a racconti, pensieri, far scaturire dibattiti.
Vorrei soffermarmi su Si tu t'imagines del 1950, musicata da J. Kosma su lirica di Raymond Queneau (scrittore, matematico, drammaturgo), contenuta nella raccolta L'instant fatal, Edizioni Gallimard, Paris 1946-48.

Si tu t'imagines
Si tu t'imagines, si tu t'imagines/fillette fillette, si tu t'imagines/xa va xa va xa/va durer toujours, la saison des za, la saison des za/Saison des amours, ce que tu te goures/fillette fillette, ce que tu te goures/Si tu crois petite, si tu crois ah ah/que ton teint de rose/ta taille de guêpe/tes mignons biceps/ tes ongles d'émail/ta cuisse de nymphe/et ton pied léger/si tu crois petite/ xa va xa va xa/ va durer toujours/ce que tu te goures/fillette fillette/ ce que tu te goures/les beaux jours s'en vont, les beaux jours de fête/soleils et planètes tournent tous en rond/mais toi ma petite tu marches tout droit/vers sque tu vois pas/très sournois s'approchent /la ride véloce/la pesante graisse/le menton triplé/le muscle avachi/allons cueille cueille les roses les roses/roses de la vie/ et que leurs pétales soient la mer étale/de tous les bonheurs/allons cueille cueille/ si tu le fais pas ce que tu te goures/fillette fillette/ce que tu te goures.

Dalla lettura e dall'ascolto ritmico dei giochi di parole se ne deduce che probabilmente Queneau avesse concepito il testo della poesia come "une petite chanson", in cui si mescolano espressioni colloquiali, citazioni colte e grafemi gergali per esprimere quel senso di precarietà della vita, il timore di un futuro che non ci è dato conoscere, la paura per quel tempo che fugge ancor prima di aver vissuto pienamente tutto quanto si è mosso intorno a noi.
M.me Greco interpretò e tutt'oggi interpreta questa canzone con grande maestria (su Youtube un video di pochi anni fa), mettendo in risalto, insieme al canto, il suo magico gesto teatrale che ha sempre caratterizzato la sua presenza sul palco.
Nel 1960 Franco Fortini ne fece una traduzione-rivisitazione di altrettanta bellezza poetica in lingua italiana (dalla raccolta Poesie inedite, 1997).

Ma cosa ti credi
Ma cosa ti credi, ma cosa ti credi/ragazzina bella/ma cosa ti credi che la duri sempre la stagione dell'a/la stagione dell'a/dell'amore in fiore/dio come t'illudi ragazzina bella. Passano i bei giorni/i bei giorni lieti/soli e pianeti fanno girotondo/mentre tu bambina dritto dritta fili verso dio sa ché/e di già si spiccia la pesante ciccia/la zampa di gallina/la giogaia al collo/il muscolo frollo. Dai coglile, coglile le rose, le rose/e le loro foglie/siano mare calmo d'ogni colmo bene/dai coglile, coglile/se non lo farai dio come t'illudi/ragazzina bella, dio come t'illudi.

Con quanta forza ci arrivano ancora oggi queste parole, sostenute da note malinconiche, che si amalgamano tra loro come una filastrocca infantile, con un'aria un po' canzonatoria, tra il serio e il faceto.
Qualunque fosse stato l'intento poetico di Queneau prima e di Fortini poi, questa breve "chanson poétique" sembra richiamarci a riflettere sull'unicità e irripetibilità di quei momenti che non torneranno mai più nella nostra vita.
In una realtà in cui paure sociali e individuali, consumismo ossessivo, legami fragili e mutevoli si muovono alla rinfusa - "all'interno di una società che sembra sempre più liquida e senza forma" direbbe il sociologo Bauman - perché non tornare al piacere delle piccole e semplici cose della vita, prima che tutto ci sfugga di mano? Quanta letteratura si è dipanata nei secoli tra le trame del tempo che fugge; come non pensare ai versi delle Odi di Orazio, che ci invitano a vivere intensamente ogni attimo, non certo come affermazione del proprio e puro piacere egoistico, ma per tentare di superare la precarietà e la paura della morte, prima che la vita sfiorisca e si sentano arrivare da lontano i rimpianti.
Si tu t'imagines diventa quasi un inno oraziano alla vita semplice e genuina, presa a piene mani, alla ricerca di un ritrovato senso della misura individuale e degli equilibri interiori, nel conforto dell'amore e dell'amicizia da vivere in ore serene e liete. E soprattutto, in compagnia della poesia e delle arti in generale, che uniche sopravvivono all'uomo e lo elevano ad una dimensione spirituale.
Se non ci è dato di tornare indietro come tanti piccoli e meravigliosi Benjamin Button, cogliamo l'attimo, senza retorica, in questo nuovo giorno così carico di vita, di suoni, di parole, di emozioni, affinché ogni momento possa ancora stupirci, senza che nulla ci sfugga tra le dita, prima che le rughe ci velino i volti.
Buon compleanno M.me Greco!

In alto, Juliette Greco in alcuni scatti di gioventù e in età matura.

Paola Marino
(22 marzo 2012)


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