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Grandi narratori

IL SAPERE DELLA TERRA
Intendo ricordare la Sardegna della mia fanciullezza, ma soprattutto la saggezza profonda ed autentica, il modo di pensare e di vivere, quasi religioso di certi vecchi pastori e contadini sardi (...) nonostante la loro assoluta mancanza di cultura, fa credere ad una abitudine atavica di pensiero e di contemplazione superiore della vita e delle cose di là della vita. Da alcuni di questi vecchi ho appreso verità e cognizioni che nessun libro mi ha rivelato più limpide e consolanti. Sono le grandi verità fondamentali che i primi abitatori della terra dovettero scavare da loro stessi, maestri e scolari a un tempo, al cospetto dei grandiosi arcani della natura e del cuore umano...

BRESSO - Può sintetizzarsi in questo manifesto, il tema che informerà gran parte della produzione letteraria del premio "Nobel" Grazia Deledda.
Una narrativa che affonda le proprie radici nel sostrato culturale di una Sardegna arcaica, rustica, grezza, ma non per questo priva di una dimensione oracolare, una narrativa che tende a porre in rilievo il contrasto tra l'agire dell'uomo, guidato da leggi ataviche e impulsi primordiali, e le inevitabili conseguenze che esso ha sulla coscienza, innescando ineluttabili dinamiche psicologiche.
La Barbagia, e la sua aspra natura, la vita dei pastori sardi, consumata in solitudine, sorvegliando il bestiame nei pascoli montani e dormendo in rudimentali ripari, privi di ogni comodità, i riti e le usanze agresti, sempre ricchi di fascino e di misticismo, gli ambienti domestici, così meticolosamente ordinati, sono tutta materia di narrazione.
I paesaggi poi diventano spesso immagine di una condizione interiore, di un'emozione, di uno stato d'animo: ".il tramonto lo avvolse mentre egli saliva da Mamojada a Fonni: una immensa dolcezza stendevasi sul grande paesaggio roseo: le ombre che si allungavano e riposavano sul dorato delle stoppie davano l'idea di persone dormienti, e le montagne rosse volevano fondersi col cielo roseo, ove la luna mostrava già la sua unghia di perla. Anania cominciò a sentirsi meno cattivo; anche la sua anima s'elevava verso un paesaggio mistico e puro."(Da "Cenere")
Ma i romanzi non si inquadrano solo in un'ottica verista, essi, pur mantenendo uno stile e una forma assolutamente singolari, si rifanno anche a molti temi cari alla letteratura decadente: un profondo senso religioso, il mistero del peccato e della colpa, la perseverante ricerca di un castigo e del seguente sacrificio quale ripristino della normalità "ante rem", il senso della fatalità del destino.
In vicende reali, quindi, tratte dalla vita vissuta di tutti i giorni, vicende d'amore, di dolore, di morte, si inserisce quella tipica conflittualità umana tra desideri e divieti, che inevitabilmente porta al senso di colpa e alla conseguente ricerca di ripristinare l'ordine morale infranto e restituire pace alla coscienza attraverso un sacrificio, una rinuncia, una privazione.
"... Finalmente, finalmente era sola col suo bambino (morto); nessuno più poteva toglierglielo, nessuno più poteva mettersi tra loro. E sul suo infinito accoramento sentiva calare un tenue velo di pace, e quasi di gioia, simile alla vaporosità di quella misteriosa notte autunnale, perché l'anima sua si trovava finalmente sola, purificata dal dolore, sola e libera da ogni umana passione, davanti al Signore grande e misericordioso.". (Da "Elias Portolu")
La struttura dei romanzi della Deledda sembra quindi ricalcare quelle dinamiche ancestrali che non si rifanno solo all'universo psichico, laddove pulsioni, rimozioni, compensazioni, censure dominano l'agire umano, bensì anche all'universo fisico, benché il confine tra i due non sia perfettamente delineabile, anzi sembrerebbero sovrapporsi in un'unica dimensione ontologica, laddove forze oscure e primigenie determinano tutta una sequenza di movimenti, uno scambio continuo di energia tali da indurre una modificazione sostanziale della forma, lasciando inalterata l'essenza. Così ogni evento implica anche un ritorno all'arché, anzi un mantenimento dell'arché.
Per Grazia Deledda l'arché è la Sardegna, una terra mitica, priva di contaminazioni, dove risiedono, nella coscienza collettiva, di cui si fanno portatori gli anziani oracoli, verità assolute e incontrovertibili, che risalgono al principio del tempo, e dove ogni accadimento d'umana fattura, benché limitatamente alla dimensione antropologica, possa agire sulla forma, non può minarne l'essenza poiché inevitabile ricorre la Nemesi a ripristinare lo "Status quo".

In alto una foto panoramica del complesso montuoso del Supramonte in Barbagia, Sardegna, tratta dal sito www.amsicora.net

Pietro Luciano Belcastro
(20 dicembre 2012)



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