ITALIA
SARDEGNA
GIOVANNA MULAS
Scrittrice, poetessa, giornalista. 27 libri pubblicati. Pluri-accademica al merito, 60 primi premi letterari internazionali vinti. Tradotta in 5 lingue, 2
volte nomination all'Accademia di Svezia per la Letteratura.
SARDEGNA - La scrittura è uno strumento potente. Può bastare una frase per sovvertire l'ordine prestabilito: e in quello spazio-tempo indifeso la parola agisce.
Nel panorama sconfinato della produzione letteraria, ci sono autori che si distinguono per la capacità di unire alla tecnica lo spessore e il coraggio di
un essere umano, con tutte le sue implicazioni.
Giovanna Mulas appartiene a questa categoria. L'abbiamo avvicinata per rivolgerle alcune domande.
Come è entrata la scrittura nella tua vita?
GM: Ho cominciato a scrivere quelli che molto generosamente considero racconti quando avevo otto anni, battendo uno ad uno i tasti della Olivetti Lettera 32
di mio padre, poeta dialettale, cresciuto a pane e cipolla, segni di croce e saggezza di popolo.
Di mia madre, affetta da schizofrenia, porto il ricordo del borotalco alla menta, della dolcezza quando le giornate giravano bene e, molto dentro me, nascosto
alla vergogna e ancorato per sempre, il dolore per le sue crisi violente.
Mi amava a modo suo: nei troppi silenzi, nei pianti senza perché, nelle fughe da casa, nelle risate isteriche. La ricordo, le notti in cui bambina mi svegliavo piangendo, pronta
lì davanti alla porta della mia camera, per avvicinarsi al letto e abbracciarmi.
Si allungava accanto a me ed io continuavo l'avventura del sonno, tranquilla. La mattina la trovavo al mio fianco, con quell'odore di borotalco che ancora oggi le lasciano
usare all'istituto. Quando la malattia cominciò a farsi strada in lei lo compresi dai suoi occhi."E' sempre lei", mi dicevo, ma forse non era così. A volte ho temuto d'impazzire
anch'io, ché di dolore come d'amore è possibile impazzire.
Nel periodo del mio buio dopo la violenza, mi dicevo "Comincia così. Devi uscirne prima che t'inghiotta, senza che tu te ne renda conto". Ancora oggi, quando abbraccio mia madre,
sondo i suoi occhi e riconosco i fantasmi che le si agitano nell'anima, gli stessi che per breve tempo sono stati anche miei.
La macchina da scrivere, ricordo, era nella mia stanza, dentro la valigetta verde semi nuova. Non vista, battevo i tasti con curiosità infantile prima, con la rabbia
del riscatto adolescenziale poi.
Crescevo come un'erba cattiva in uno dei quartieri più malfamati di Nuoro, vedevo il mondo oltre, tutto da scoprire e conquistare.
Mi faceva paura ma mi stimolava a conoscere, a studiare libri. Avevo fretta di navigare la vita, ma è la vita che ti naviga ed il momento per farlo non sei tu a sceglierlo.
Il sardo è la mia lingua MadreMatrigna: ho sempre fatto in modo che la selvaticità, l'irruenza, su fogu mannu de sa limba sarda, quel fuoco potente della
lingua sarda, si plasmasse con l'italiano, penetrasse il lettore dello stesso mio mare e di passione, stordendolo, lasciandogli il miraggio, la voglia
di conoscere ancora, ciò ch'è specchio, e ciò ch'è acqua, de limba e d'alma sarda, di lingua ed anima sarda.
Che cosa deve chiedere un autore a se stesso per essere autentico?
GM: Deve semplicemente essere se stesso; il talento, quando c'è, nasce con l'autore. E' fondamentale l'essere sempre consci dei propri limiti, camminare
a piedi scalzi e al momento del volo, se volo ci sarà, non aver paura di aprire le ali.
E far sì che la propria libertà, tramite la scrittura - arma potente, dono della Natura o di un dio burlone - diventi quella di altri.
Le parole possono cambiare la vita di un uomo?
GM: Le parole possono condizionare le masse o far riflettere. E chi decide cosa è bene, cosa è giusto e cosa è sbagliato, se non un uomo come me e te, con tutti
i suoi limiti, le sue frustrazioni, le sue aspirazioni? Già il far riflettere oggi, per ogni autore con un minimo di onestà intellettuale, è meta ambita.
Le parole possono rappresentare un forte strumento di incitazione al cambiamento: occorre operare caparbiamente e di passione su una politica di
consapevolezza ed espansione culturale.
Coltivare il pensiero nello stesso modo in cui un piccolo contadino semina e raccoglie: per vivere. Fino a che le menti rimarranno al buio, inconsapevoli di esserlo, prevarrà
il nichilismo, lo sciacallaggio mediatico e clericale storicamente imposto per la conservazione del potere: il pensiero, le parole e l'azione di uomini
uniti possono sgretolare un sistema ponderato per schiacciare il più debole.
In alto Giovanna Mulas
da I Quaderni di Nuova Scena Antica anno 3 n.1
(16 agosto 2011)
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