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MUSICA

Incontro con Gabriella De Mango
"Il jazz senza lo swing non significa nulla" recita il titolo di un famoso brano di Duke Ellington, come a dire che lo swing rappresenta la vera essenza dell'espressione jazzistica, l'anima profonda, pura e primitiva, aldilà di ogni cambiamento e contaminazione che il jazz ha subito nel tempo. La voce di Gabriella De Mango, limpida e cristallina, esprime al meglio quella ventata di aria fresca, lo swing appunto, che travolse la musica americana a partire dagli anni '20.
MILANO - Gabriella De Mango, raffinata e sensibile cantante jazz del panorama musicale milanese, si racconta con quella leggerezza e ironia che la contraddistinguono, rivelando anche tratti del suo passato adolescenziale con spontaneità e passione. Nel gergo dei jazzisti "avere swing" significa essere musicalmente espressivi e comunicativi, in questo senso potrei affermare che lo swing è diventato la caratteristica musicale e, forse, esistenziale di Gabriella. Se lo swing è forza, vitalità, energia allo stato puro che ti travolge come una ventata di aria fresca, la voce di Gabriella De Mango ne è l'autentica rappresentazione, poiché esprime con bravura e maestria tutto quell'impulso di novità che pervase l'America, tra New York e Kansas City, a partire dagli anni '20.

Com'è avvenuto il tuo incontro con lo swing e cosa significa per te cantare swing?
L'incontro con lo swing è avvenuto grazie alla passione per la musica trasmessami da mio padre e agli amici del periodo universitario. L'amore per la musica afro-americana si è unita, negli anni in cui ero studentessa, alla letteratura; compilai infatti la mia tesi di laurea sulla scrittrice afro-americana Paule Marshall, nei cui romanzi s'intrecciano la politica, il razzismo, la questione del gender e altri problemi della società americana contemporanea. Cantare swing, oggi, per me significa cantare qualcosa che sento familiare in una lingua estremamente musicale e ritmica, a cui aggiungo sempre un mio sguardo personale. Inoltre, è un modo per rendere omaggio a una tradizione importantissima e che apprezzo: la musica afro-americana. Recentemente al canto swing si è unito il ballo lindy hop, che si esegue in coppia sulla musica swing, quel filone del jazz legato alle ballrooms degli anni '30 e '40, dove si esibivano grandi orchestre (Duke Ellington, Count Basie, Benny Goodman) per fare scatenare i ballerini. Da alcuni anni il lindy hop si sta diffondendo sempre più, come se stesse vivendo una seconda giovinezza, numerose sono infatti le sale da ballo frequentate da persone di ogni età. Cantare con la mia jazz band - Mediolanum Jazz Machine composta da piano, basso, batteria, tromba, sassofono e voce - e vedere i ballerini sgambettare mi dà slancio e impulso perché si crea un'interazione particolare e uno scambio reciproco di energia.

Quali artisti hanno influenzato la tua cultura musicale e il tuo stile?
Mi piace spaziare tra i diversi generi musicali, tuttavia la musica nera è sempre stata tra i miei ascolti preferiti. Le voci femminili della storia del jazz: la grande Ella Fitzgerald, per la fantasia e lo swing nell'improvvisazione, la gioia e la libertà che esprime nello scat; Billie Holiday, struggente che arriva al cuore; Dinah Washington e Frank Sinatra. Più recenti, adoro Dee Dee Bridgewater (soul/jazz), Amy Winehouse, Esperanza Spalding. Nella musica soul i top per me sono Aretha Franklin, Ray Charles e Steve Wonder. Per il pop ovviamente Michael Jackson! E poi Lauryn Hill, i Queen, David Bowie. Mi piacciono i Beatles, specie lo stile psichedelico di 'White Album'.

C'è stato un momento in cui hai compreso che la musica stava diventando parte integrante della tua vita? Com'è nata la tua passione per il canto e in modo particolare per il jazz?
Posso dire di essere figlia d'arte, poiché mio nonno e zio materni cantavano nei cori di montagna, ma devo la passione per il jazz a mio padre che è stato batterista e cantante sulle navi da crociera negli anni '60. Quindicenne, fruttivendolo, arrivato a Milano dalla Puglia, ha coltivato piano piano la passione per la musica. Ha vissuto una decina d'anni in giro per l'Europa, ma quando sono nata ha deciso di mettere la testa a posto diventando imprenditore e accantonando la professione del musicista per dedicarsi completamente alla famiglia. Mi ha sicuramente trasmesso il senso del ritmo e un buon orecchio musicale, oltre ad avermi fatto ascoltare gli evergreen di Frank Sinatra, Dean Martin, ecc. Al tempo stesso, però, mio padre ha scoraggiato i primi miei avvicinamenti alla musica, forse perché rappresentava per lui una passione dolorosamente messa da parte. Da adolescente non esisteva canzone in inglese che non conoscessi, da Michael Jackson a Madonna, da George Michael a gli Spandau Ballet...le traducevo dall'inglese, passavo ore a cantare, e mi divertivo anche a inventare canzoni mie, umoristiche, rap in cui prendevo in giro i professori. Ero la disperazione dei miei insegnanti, sempre a fare il giullare, a cantare e scherzare. Fino ai 25 anni la musica è stata un gioco senza impegno, poi ho cominciato ad appassionarmi alla black music, avevo amici che amavano il jazz e frequentavano i corsi presso la Civica Scuola di Musica di Milano. Ho iniziato a cantare gli standard jazz come corista in varie formazioni, con ensemble di musica afro cubana (la Guagua) e ska reggae (Giudabasso). La musica stava diventando qualcosa di serio, una passione totalizzante da affrontare con studio, metodo e impegno. Ho percorso un po' tutte le vie della musica nera, dal blues al gospel, cantando sia come solista che in formazioni corali (Bevoice Gospel Choir diretto da Anna Garaffa) e di sperimentazione vocale e world music (Ancore d'aria diretto da Oskar Boldre).

Sappiamo quanto le canzoni si leghino indissolubilmente a emozioni profonde, momenti vissuti e che, indelebili, riaffiorano nel momento in cui ascoltiamo anche solo poche note di quel brano. Ci sono delle canzoni a cui sei particolarmente legata e perché?
Dipende dai periodi, ci sono dei brani che mi hanno smosso molte emozioni e che non mi stancherei mai di ascoltare: Birds Alone cantata da Abbey Lincoln, la voce nera, intensa, le parole evocative di cui è autrice che paragonano gli esseri umani agli uccelli, la vita ad un lungo volo. Per non parlare della musica di questa canzone, Charlie Parker con il suo sax fa pensare al volo di uno stormo di uccelli. Questa unione tra parole, melodia e significato è sempre sorprendente per me. Concrete Jungle di Bob Marley: il canto amaro di un uomo schiavo senza catene (un immigrato forse?) in una giungla cittadina d'asfalto; si sente svuotato, solo, nostalgico per una terra lontana e invoca aiuto. Ondeia di Dulce Pontes: grande voce portoghese, fluida come l'acqua e piena di cuore, l'adoro! È la canzone che ascolto quando sento forte il desiderio di piangere (lacrime e onde del mare). Força estranha di Gal Costa è un susseguirsi di immagini, di dettagli di cose autentiche della nostra esistenza, una canzone che è pura poesia. Quella "strana forza" contenuta nelle persone attorno a noi e nelle esistenze che spingono Gal Costa a levare un canto puro, primitivo e forte.

Quali sono i tuoi prossimi impegni?
Al momento non ho concerti con il gruppo swing. Da circa un anno e mezzo canto anche in un gruppo reggae: Kingstown Street Reggae (voce, batteria, basso e chitarra). Con questa formazione suoniamo sia i classici del reggae sia dello ska jamaicano, ma anche brani reggae anni '80 e alcuni italiani (Bertè).

Musicalmente parlando, hai un sogno nel cassetto che prima o poi vedrà la luce?
Sinceramente, al momento non ce l'ho. Ti suonerà strana la mia risposta, ma forse vorrei tornare ad innamorarmi della musica perché mi sembra di vivere un periodo di stanchezza, in cui studio e ascolto poco. Ho come la sensazione che questa passione mi stia abbandonando... Difficile spiegare il rapporto che a volte si instaura tra i musicisti e la musica, i loro strumenti, nel mio caso la voce. Probabilmente è dovuto al periodo un po' difficile che sto attraversando e che si riflette anche nelle cose che amo e che ho sempre fatto con trasporto e divertimento al tempo stesso.

Permettimi una domanda civettuola: c'è un legame tra gli abiti che scegli per i concerti e le canzoni, il genere musicale che canti? T'immagino, prima di un'esibizione, specchiarti per sistemarti l'onda sui capelli, rigorosamente in stile vintage e magari con un fiore tra le ciocche.
Certamente, è proprio così! Per i concerti swing mi piace vestirmi "vintage", ho un paio di abiti fatti su misura da una mia amica sarta con gonnellone a ruota, molto adatti al genere e non posso cantare senza un fiore tra i capelli. Ne ho parecchi, di tutti i tipi: di stoffa, di carta.Pensa che il giugno scorso, ad un matrimonio dove ero stata chiamata a cantare con il gruppo, mi sono accorta di aver dimenticato il fiore, ma non mi sono persa d'animo, ne ho staccato uno nel giardino e me lo sono sistemato tra i capelli con delle mollette.

Secondo te oggi il jazz riesce ancora a parlare alle nuove generazioni?
Sì! Il jazz, in particolare hot jazz e swing, sta andando sempre più di moda e trovo che ciò sia positivo proprio per il grande valore artistico e culturale di questo genere musicale. Inoltre, il jazz è trasversale, basti guardare le ballrooms in cui si uniscono ballerini di tutte le età il cui unico e comune intento è quello di divertirsi e questo tipo di ballo risponde perfettamente al bisogno di svago. Nei corsi jazz del conservatorio o delle scuole musicali ci sono molti giovani, nelle jam session nei locali io spesso trovo i ventenni, e questa è una gran bella cosa che dona speranza di eterna vita al jazz!

Grazie Gabriella. Ti auguro di ritrovare presto le energie positive che forse, in questo momento, si sono soltanto assopite. So che la musica sarà in grado di risvegliare in te il desiderio di riconquistarla ed esprimerla con quella autenticità e passione che ti contraddistinguono. Buon lavoro!

Nella foto, Gabriella De Mango in concerto.

Paola Marino
(21 dicembre 2016)

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