Arte Visiva
ARTE VISIVA
Francesca Candito. Volti d'anima
Una bella sintesi che esprime l'universo pittorico di Francesca Candito e, al contempo, è il titolo dell'ultima personale dell'artista,
inaugurata a maggio a Villa Puricelli di Sesto San Giovanni (MI). Francesca - con l'opera "Il re è nudo" - si è anche aggiudicata il Premio Cascella,
Premio della Critica 2017.
MILANO - Sfondi scuri, monocromi da cui emergono figure quasi espressioniste, uomini e donne dai volti intensi, vissuti, nei cui occhi si legge tutto il dramma e
la fragilità di esistere. Cascate di lettere, ingranaggi e simboli, sapientemente distribuiti in precisi punti della composizione, forniscono chiavi interpretative
del soggetto nel suo complesso. E' il mondo pittorico di Francesca Candito, interessante artista visiva con un passato di architetto urbanista alle spalle.
Quali sono state le tappe principali della tua formazione artistica? Quali esperienze, incontri, visioni hanno influenzato e ispirato il tuo linguaggio e la tua poetica?
FC: Si chiama Alida ed è stata la mia professoressa di educazione artistica alle medie. Con sé portava sempre una scatola di acquerelli e, ogni tanto,
la tirava fuori, come se fosse un rossetto.
Lei mi ha fatto capire che dentro di me c'era qualcosa di bello e potente. La sua forza è diventata anche la mia.
Questa è stata la prima importante tappa formativa, seguita da un liceo artistico che ricordo poco e un'esaltante facoltà di Architettura.
La seconda tappa importante è stata l'incontro all'Accademia di Brera con il professor Marrocco, che, dopo aver visto i miei lavori,
in un breve ma per me fondamentale colloquio, mi ha fatto comprendere quanto avessi bisogno di definire un mio stile.
Da quel colloquio è partita la mia ricerca per arrivare a definire compiutamente il mio stile. L'ispirazione arriva così,
dalla vita che ti crei. Non sto mai ferma. Viaggio appena ho due soldi in tasca. Conosco, propongo, leggo tanto e in silenzio lavoro.
Che cosa pensi del rapporto arte/mercato? Che cosa ti ha spinto ad abbandonare un "lavoro sicuro" per dedicarti interamente alla ricerca pittorica?
FC: Oggi il mercato dell'arte è come se avesse perso l'equilibrio tra i due poli: l'artista e il collezionista. L'artista è in preda alla vanità: tutti
vogliamo essere artisti e, se non ci apprezzano, siamo incompresi. Così ogni giorno siamo bombardati da richieste di concorsi a pagamento (dove l'ego può allargarsi
a dismisura per una targhetta di plastica) o inondati da proposte di esposizioni in fiere che ogni anno si moltiplicano. Questo sistema ferisce e avvilisce l'arte
e l'artista, a mio parere. Dall'atra parte, in particolar modo in Italia, s'investe raramente su artisti non quotati; si rischia poco e si azzittisce il
battito accelerato che un'opera può provocare. Io ho scelto la strada opposta: sono stata incosciente per sentire il mio cuore battere un po' di più.
Così, da architetto dal contratto a tempo indeterminato, sono passata ad artista con entrate incerte. Ogni giorno vivo la mia giornata intensamente
e un po' pericolosamente, ma sono felice.
Come nasce il tuo interesse per il tema della salute mentale? Come si è sviluppato nel concreto dell'opera d'arte pittorica questo filone,
fino alla realizzazione della mostra personale Mania Semplice?
FC: Mi sono sempre chiesta quale poteva essere il confine tra normalità e follia. Chi è colui che stabilisce il confine della normalità e quanto può
cambiare una vita dentro o fuori il girone dei folli? Qualche anno fa mi trovavo in Romania in un orfanotrofio. Osservando i molti bimbi che vivevano nella
struttura, mi colpì come costoro, ormai con gesti automatici e rassegnati, ogni mattina ingoiassero pastiglie che, dopo pochissimi minuti, li trasformavano
in piccoli uomini silenziosi, assonnati e spaesati, quasi fossero dei sacchi vuoti. Questa esperienza ha mosso in me qualcosa che aveva
bisogno di una reazione: è nata così la mostra Mania semplice. La nostra epoca merita di essere raccontata più di ogni altra, con tutti
i suoi aspetti contradditori, oscuri e di libertà.
Che tipo di riflessioni ti hanno condotta di recente ad affrontare il tema dell'immigrazione? Chi sono, cosa rappresentano i volti
che compongono la tua attuale personale Volti d'anima?
FC: Il mio desiderio in questa mostra era quello di portare prima di tutto un po' di silenzio, per spegnere il giudizio, a volte superficiale, che spesso
anteponiamo quando parliamo di migranti; ricerco maggior empatia rispetto alle tante vite, che attraversano deserti e mari alla ricerca di pace. Così ho steso
uno sfondo nero per azzerare il rumore, poi ho tracciato i segni, i volti, gli sguardi delle tante storie che legano queste persone al loro passato e al
futuro che stanno cercando disperatamente altrove. Ho tentato di avvicinare i nostri sguardi a una realtà, che spesso i media ci mostrano sempre più lontana e astratta.
Per approfondire un tema di estrema attualità, parliamo di confini, diversità, Occidente e altre culture. Che cosa può fare l'arte per testimoniare con efficacia la propria contemporaneità, senza cadere nella vuota retorica e nel sensazionalismo?
FC: Come disse Keith Haring "L'artista contemporaneo ha una responsabilità verso l'umanità: deve opporsi alla disumanizzazione della nostra cultura".
Anche rispetto al grande tema della "diversità" delle culture, l'arte visiva ha il potere di arrivare con immediatezza all'intimo di ognuno, può scuoterlo e
trasmettere un messaggio diretto non condizionato dai pregiudizi. Il pericolo della retorica e del sensazionalismo se ne vanno, se spegniamo i riflettori
su noi stessi (artisti). Molto spesso la voglia di arrivare primi porta a svuotare e svilire ciò che facciamo. Anche qui, il rumore è frastuono, il silenzio è lavoro.
Grazie, Francesca.
Francesca Candito nasce a Roma nel 1975. Frequenta la Facoltà di Architettura al Politecnico di Milano dove si laurea a pieni voti in Urbanistica.
Si specializza in progetti di housing sociale e nel 2010 fonda Bradet srl. In questi anni partecipa a svariate mostre collettive, e nel 2013 prende la
decisione di dedicarsi completamente all'arte visiva. Si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Brera, passaggio importante per la sua maturazione artistica, che
definisce il suo stile in maniera netta e riconoscibile.
Nel 2014 viene segnalata da Rebecca Wilson (Chief Curator and Director Art Advisory at Saatchi Art) tra i migliori artisti della sezione italiana.
Si intensificano le selezioni a bandi nel territorio nazionale.
Nel 2015 sviluppa una ricerca sul tema della salute mentale che espone a Ferrara e Milano nella personale Mania Semplice. La mostra è patrocinata dalla
Fondazione Bertini.
Nel 2016 è finalista al Premio Cascella con il dipinto Human obsolescence and free will. Partecipa a diverse collettive ed espone i suoi lavori in una
personale al museo MIMUMO di Monza.
Nel 2017 lavora a una nuova ricerca sul tema dell'immigrazione. Inaugura la mostra personale Volti dell'anima a Villa Puricelli di Sesto San Giovanni (MI).
Nello stesso anno è vincitrice del Premio Cascella - Premio della Critica con il dipinto Il re è nudo ed è finalista al Premio don Sante Montanaro
per l'arte contemporanea con il dipinto Refugee.
Vive e lavora a Milano.
www.francescacandito.com
Sopra nell'ordine, opere "Il re è nudo" (2017), "Sophie" (2013), "Refugee" (2017), "Not even with a rose" (2016), dell'artista Francesca Candito.
Daniela Bestetti
(23 giugno 2017)
Alcuni diritti riservati
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