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Zinni: Women in Art renderà protagoniste le città del Nord Milano di un'esperienza irripetibile
La cultura, dice il Sindaco di Bresso, deve essere l'espressione più alta della libertà di pensiero e quindi deve sapersi alimentare attraverso la validità delle sue proposte e il consenso dei cittadini
BRESSO - Pensare un'iniziativa culturale, a maggior ragione un Festival delle Arti, non significa solamente trovare un'occasione per mostrare al pubblico una serie
di opere (a prescindere da generi e stili) che parlano in modo originale del mondo attuale.
Pensare e creare un evento culturale significa soprattutto intuire un bisogno collettivo, a volte immediato e manifesto, a volte celato e che si esprime in
un'insoddisfazione e un'insofferenza generali che tendono a chiamare quel bisogno con altri nomi. Non è certo questo il luogo per approfondire delicate questioni
sociali, tuttavia è importante dire che, dietro a certe iniziative, ci sono un pensiero ed un'osservazione profondi della realtà e un'azione che mira a rispondere
ai bisogni collettivi in modo multiforme e originale.
Uno degli aspetti più delicati e determinanti nel proporre e realizzare progetti culturali di un certo tipo è sicuramente la sinergia tra le diverse forze in
campo, forze che, per loro natura, spesso non parlano lo stesso linguaggio, ma che devono saper dialogare, se intendono raggiungere certi obiettivi.
Nel caso dell'arte, ad es., si tratta dell'indispensabile rapporto da instaurare tra creazione, economia ed istituzioni.
Abbiamo rivolto alcune domande a Fortunato Zinni, Sindaco di Bresso e grande sostenitore del Festival Women in Art, sui motivi che l'hanno portato a promuovere come
Comune questa iniziativa.
Lei è il Sindaco che per primo ha fortemente voluto il Festival Women in Art. Quali sono state le ragioni di questo indirizzo?
Diverse. L'esigenza di sensibilizzare la cittadinanza sui temi di questa manifestazione, la quale mette al centro diversi aspetti del femminile: dal ruolo della
donna nella società, al suo rapporto pubblico-privato; dal mondo visto al femminile, alla presenza della donna nella realtà del territorio che la circonda.
Dopo le prime due edizioni, da quest'anno il Festival cambia assetto. Accanto al Fuori Concorso, ci saranno i Concorsi nazionali, aperti
a molte discipline artistiche, con Presidenti di Giuria e giurati anche di grande prestigio nazionale.
Cosa significa per Bresso ospitare questa iniziativa culturale?
Significa accompagnare la città ad essere protagonista, insieme alle altre città del Nord Milano, di un'esperienza irripetibile.
Non a caso l'iniziativa nasce in un territorio che ha rappresentato un ruolo fondamentale sia nei processi di trasformazione dell'economia del
Paese (è la zona delle grandi fabbriche), sia per le proposte di innovazione in vari campi che dall'area metropolitana milanese si sono diffuse nel Paese e in Europa.
Esiste una ragione, sua personale, nel portare avanti la causa della parità dei diritti tra uomo e donna? Bresso in
questo senso è molto attiva con l'Assessorato alle Pari Opportunità...
La mia personale esperienza umana e civile ha sempre avuto a che fare con fondamentali riferimenti femminili. Mio padre è morto quando
avevo appena sette mesi e la mia famiglia era composta da mamma, nonna e sorella, che sono state i miei primi punti di riferimento.
Nel corso degli studi, casualmente, ho sempre avuto professoresse, e poi nel sindacato c'erano molte donne nei gruppi dirigenti (in particolare c'era
una segretaria generale che poi divenne Segretaria Generale della CGIL).
Infine c'è il ruolo fondamentale di mia moglie e del mio impegno politico: sono stato il primo sindaco a volere che la metà della mia Giunta fosse composta da donne.
Avevo promesso in campagna elettorale che il Vicesindaco fosse donna, e così è stato. Possono sembrare annotazioni banali, ma per me sono importanti, perché
riconosco alla donna una dimensione stimolante, concreta e costruttiva di cui le istituzioni e il quotidiano hanno un vitale bisogno.
Rispetto a molte altre amministrazioni - con la Giunta Manni prima e con la sua ora - Bresso è diventato un Comune attento alla
cultura: dalla ristrutturazione di spazi urbani - il recente BressoCultura e i futuri capannoni ex-ram - all'attenzione per le attività delle
associazioni, fino alle grandi iniziative culturali.
Una scelta, però, il più delle volte non condivisa. Come può a suo avviso la cultura contribuire a cambiare il luogo in cui si vive?
La scelta dirimente è stata quella di dare a una comunità costituitasi attraverso le massicce immigrazioni degli anni '60 e '70 un'anima coesa. Un comune sentire che non
annullasse le mille radici di provenienza, ma modellasse in un crogiolo di costumi, usi, tradizioni, finalizzati ad arricchire il bagaglio culturale della nuova
comunità, senza indulgere alla creazione di sacche protette ed impegnate solo a tutelare il proprio particolare.
A Bresso non hanno mai attecchito associazioni regionali, ma si sono moltiplicate iniziative in grado di rappresentarle tutte.
Mi auguro che possa continuare e valere anche per la multi etnicità, il rispetto dei diversi credo religiosi e i colori della pelle.
Questo finora è stato possibile perché si sono riscoperti i valori antichi del vecchio borgo agricolo, il ruolo importante che l'imprenditoria ha svolto
nella rivoluzione industriale fino a proporre modelli conosciuti in tutto il mondo (la mitica automobile Isetta), e oggi le grandi sfide dell'ambiente con il
Parco Nord e della ricerca con il Biopolo.
In questo processo le donne bressesi sono sempre state in prima fila. Anche Women in Art nasce da qui. E non è poco.
Siamo ancora lontani dalla prospettiva che la cultura in Italia divenga risorsa economica, non solo per la comunità, ma anche per le aziende.
Data la sua grande conoscenza del settore economico-bancario, come può cambiare la situazione? Quali i passi giusti da fare?
Molti pensano che la cultura potrà sopravvivere o con le sponsorizzazioni oppure mettendosi al servizio delle ideologie di turno al potere.
In realtà la cultura deve essere l'espressione più alta della libertà di pensiero e quindi deve sapersi alimentare attraverso la validità delle sue proposte e
il consenso dei cittadini.
Se oggi il nostro Paese è famoso in tutto il mondo per il melodramma, la lirica, e per altre forme d'arte, lo si deve alla grandezza degli artisti che
hanno creato dei veri e propri capolavori. Certo, ci vogliono i fondi, ma se i cittadini affollano i teatri, le arene dei concerti, le gallerie e i
musei, i fondi si trovano, perché è la domanda di cultura che imporrà i finanziamenti.
Se invece restiamo inerti di fronte a certe catastrofi (come al disastro di Pompei), la Cultura sarà destinata a diventare un capitolo della spesa inefficiente.
In alto Fortunato Zinni - Sindaco di Bresso (foto Massimo Cova)
Alessandra Monti
(14 febbraio 2011)
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