Arte Visiva
FOTOGRAFIA
La macchina fotografica, come estensione dell'occhio umano
L'osservazione delle cose è una funzione primaria e basilare nell'essere umano e, nel fotografo, la composizione dell'immagine diventa parte integrante del pensiero
BRESSO - Ecco come vivo la macchina fotografica, come un'estensione naturale dell'occhio.
Un osservare calcolato, una forma naturale della vista che guarda sempre in modo attento, anche quando si è sprovvisti della macchina.
L'osservazione delle cose è una funzione primaria e basilare nell'essere umano e, nel fotografo, la composizione dell'immagine diventa parte integrante del pensiero.
Non vi è mai capitato di trovarvi nella vostra città e definire una determinata situazione con un pensiero compositivo, come se aveste una macchina fotografica tra le mani?
A me capita spesso, e mi accorgo che in questi frangenti si osserva ogni particolare, ogni istante, come fosse un possibile scatto in cui luce, ombre, architetture
si combinano in una rappresentazione perfetta. Ed è in quell'istante che la mente fa partire il "click", suggerendomi: "questa è una foto!".
Per questo giro spesso con la mia Nikon d300s, il 14 montato e via. alla scoperta di ciò che il mondo può offrirmi, in un'apparente "normale" giornata lavorativa.
L'attrezzatura, la tecnica e la composizione fotografica sono importanti, ma credo che questi aspetti vengano condizionati dallo stile di ogni singolo fotografo.
Diciamo che tecnicamente ci sono le regole base - tipo di macchina, ottica, luci, ecc. - ma poi ciascuno, fortunatamente, rifacendosi al proprio stile le può rivisitare.
Quello che più mi preme, invece, è decantare quella sensazione che ti permette di sentire il mezzo fotografico come uno strumento in più, una possibilità ulteriore per
definire gli attimi e le situazioni che il nostro occhio abitualmente coglie e poterli trasmettere al gesto che immortala tutto su dei pixel.
Per assaporare quello che intendo, vi riporto un estratto della mia personale ricerca fotografica sui luoghi abbandonati, che definisco non luoghi...
Una fabbrica (abbandonata), luogo di silenzi dove solo l'eco del mio respiro m'accompagna.
Mi intrufolo in stanze, grandi proiezioni della mia ombra,
mi dico che un tempo questa decadenza non c'era. Ma resto in silenzi ad osservare la delicatezza di questi luoghi, la loro impolverata voglia di sopravvivenza, mentre
il tempo si fa largo.
Già il tempo, tutto accatastato di quei vecchi personaggi che passavano le giornate nel rumore, fumo, e chissà che altro. posso solo immaginare.
Adesso siamo io e lo scheletro smarrito di questo "tempio" di mura, dove nessuno fa più caso alla chiave in bilico sulle scale o ai mattoni divelti nei dislivelli del suolo.
Cerco di registrare rumori. ma qui c'è pace, un silenzio inverosimile... percepisco solo lo sgretolio dei calcinacci sotto le mie scarpe e stranamente la polvere...
Avete mai sentito il rumore della polvere? E' qualcosa di impercettibile, più che altro l'odore stantio di una calma che nasconde mille mondi da immortalare con queste inquadrature.
Cambio obiettivo, ruoto su me stessa,?stessa situazione: è triste l'abbandono.
Ilaria Borraccino
(18 gennaio 2011)
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