Arte Visiva
MOSTRE
Bordertown - l'ho uccisa...perché l'amavo
Una collettiva di opere fotografiche e video incentrate sul tema del femminicidio accende i riflettori su uno dei più inquietanti fenomeni
della società attuale, che continua a consumarsi indisturbato tra le pareti domestiche, spesso per mano di chi dice di amare.
RHO - La violenza di genere si può prevenire? Basterà una legge per proteggere le vittime e punire severamente i colpevoli?
Lo scorso anno il Parlamento con il decreto legge contro il femminicidio ha posto le basi per garantire maggiore protezione alle donne, vittime della violenza
domestica commessa da coloro che giurano di amarle, fino ad ammazzarle.
Con questa nuova legge il coniuge o il compagno, anche se separati e non più conviventi, subiranno condanne più severe e saranno obbligatoriamente arrestati
se colti in flagranza di reato anche per episodi di stalking.
Se è a rischio l'incolumità fisica della donna, le forze dell'ordine potranno allontanare il coniuge o il compagno violento ed impedirne l'avvicinamento ai luoghi domestici, anche
tramite uso del braccialetto elettronico. La querela sarà irrevocabile e il patrocinio legale per le vittime sarà gratuito, che saranno
informate anche sulla condizione carceraria del colpevole e dell'eventuale scarcerazione del denunciato.
Ma le leggi, anche le più nobili e dirette non bastano, serve documentare, denunciare e sensibilizzare.
La conoscenza è la più efficace arma per combattere la violenza domestica, nemico che nella maggior parte dei casi si nasconde nelle stesse case delle vittime.
Superare i luoghi comuni, gli approcci riduttivi e gli stereotipi che hanno provocato dolore e tragedie, costate care alle donne.
In Italia nel 2012 ben 113 donne sono state assassinate in un contesto di violenza domestica e familiare, di cui 73 dal proprio partner.
Bordertown, l'ho uccisa perché l'amavo è una collettiva di fotografia e video, promossa dal Dipartimento Fotografia Sociale del Fondo Internazionale per la Fotografia,
Video e Comunicazione (Fiof), che si concentra su un particolare tipo di violenza: l'uccisione della donna all'interno del rapporto di coppia, in contesti
familiari o affettivi, trasformatasi da episodio di cronaca nera a vera e propria emergenza sociale.
L'invito è a non rimanere impassibili, a non accettare che ogni due giorni una donna sia assassinata per mano del proprio compagno, marito, fidanzato.
Occorre agire, operare un tentativo nella direzione dell'educazione all'orrore e all'inaccettabilità nei confronti di casi del genere, nella costruzione di una cultura
in cui la donna possa godere pienamente del diritto all'indipendenza culturale e intellettuale, che per molti secoli le è stata negata.
La mostra ha avuto un primo allestimento a gennaio a Vimercate (in provincia di Monza e della Brianza), e si sposterà a febbraio a Pulsano (in provincia di Taranto) e a marzo
ad Adria (in provincia di Rovigo).
Le opere sono state selezionate per il comune denominatore - il femminicidio - e giudicate per la tecnica, la comunicazione, la capacità espressiva, l'attinenza al tema
e l'impatto emotivo.
Nella sezione fotografia, vincitore del Progetto Bordertown è risultato Damiano Lamonaca con l'opera Impotence, mentre per la sezione video un ex-aequo Selene Pozzer
e Alba Renna con l'opera Stronger e Doriana Parente con l'opera Malamore.
La collettiva Bordertown, l'ho uccisa perché l'amavo ospita le opere di: Giulio Boiano, Claudio Brufola, Rossella Cristallo, Sabrina De Grandis, Ruggiero Di Benedetto,
Vito Finocchiaro, Damiano Lamonaca, Sara Lombardi, Stefano Lunardi, Maurizio Marcato, Antonella Monzoni, Doriana Maria Parente, Antonella Pizzamiglio, Selene Pozzer,
Mirco Villa, Michele Ziri.
In alto nella foto l'opera vincitrice della sezione fotografia "Impotence" di Damiano Lamonaca
Massimo Cova
(25 febbraio 2014)
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