Arte Visiva
MOSTRE
L'alibi di Eva
Allo Spazio MIL in mostra le opere di Anna Oberto, Enrica Borghi, Michela Formenti, Marzia Rossi a cura di Lorena Giuranna
SESTO SAN GIOVANNI - L'affermazione della donna nel mondo delle arti ha avuto un preciso inizio e un lungo e articolato cammino, denso di
progressive prese di coscienza, che hanno finito per portare a un sano distacco verso le distinzioni di genere, specie quelle di matrice discriminante.
Tutto ha inizio con il plateale urlo femminista in cui si davano voce e diritti alle donne.
Gli anni Sessanta e Settanta vedono molte artiste in prima linea impegnate nella realizzazione di opere di denuncia, lotta politica, sarcasmo nei
confronti dei mass media e rivendicazione dei propri diritti all'espressione.
Sono gli anni delle esperienze concettuali nell'arte, in cui alla forma estetica si antepone, comprensibilmente, la teoria.
Molte artiste italiane si impegnano a fornire una disamina critica delle principali questioni legate alla visione della donna nelle arti e nella società.
Nella mostra L'alibi di Eva ad Anna Oberto è stato dedicato uno spazio antologico che descrive i momenti salienti della sua poetica.
Il percorso ha inizio con due manifesti degli anni Settanta, da considerarsi come dichiarazioni di intenti, che mirano a conclamare una presenza
femminile attiva nella critica alla cultura di massa del tempo, e prosegue con le opere/testimonianza dell'attività performativa cui Anna Oberto si è
dedicata negli anni Ottanta e Novanta. La commistione con altri linguaggi (quello teatrale in primis), ha aggiunto una componente narrativa e letteraria alla poetica dell'artista.
In epoca più recente, la vicenda del femminile nell'arte si è progressivamente inserita in un unicum artistico, in cui le distinzioni di
genere appaiono, crediamo, positivamente superate. Oggi, in molti casi, è difficile riconoscere la mano femminile o maschile di una ricerca
estetica o formale, a meno che questo fatto non sia dichiaratamente l'argomento in oggetto di una precisa poetica.
Enrica Borghi ad esempio, pur esaminando proprio alcuni stereotipi sociali legati al culto del corpo, della bellezza e della vanità, offre uno sguardo
sull'argomento più che ironico, imponendo un ragionamento sul reale senso di talune ossessioni "femminili".
Inoltre la sua riflessione si apre ad altre tematiche di grande attualità sociale, come l'attenzione verso il consumismo; non solo quello, pericoloso, della propria
immagine, bensì anche quello rivolto alla produzione incontrollata di oggetti.
Ne sono esempi la Venere - calco dell'antica scultura greca, il cui busto è interamente ricoperto di unghie finte, ovvero oggetti
dedicati alla bellezza femminile che assumono, in questa spiazzante risignificazione, un senso ironico e critico insieme - e la serie delle Molecole, in cui gli
oggetti di partenza, semplici plastiche colorate di riciclo, si trasfigurano in pattern decorativi.
Invertendo completamente l'utilizzo, si trasforma così radicalmente anche il significato degli oggetti.
Il percorso prosegue con il video di Michela Formenti Senza respiro e voce. L'artista ha girato il video durante una processione nel
sud d'Italia in onore della Vergine Maria.
L'elemento che ha scatenato l'attenzione dell'artista è stato notare come da quel momento di unione, in cui un gruppo di donne camminavano
all'unisono intonando una melodia meravigliosa, si aprisse una strada al superamento della sofferenza.
All'interno del percorso l'opera può essere letta attraverso la chiave del mito: dalla ritualità corale alla militanza femminile il passo è breve.
L'ultimo passaggio di questo percorso è espresso dal lavoro di Marzia Rossi. L'opera, appositamente realizzata per la mostra, favorisce
la riflessione sulla materia, lo spazio e le loro necessarie relazioni, annullando e oltrepassando ogni riferimento di genere.
Del mito femminile restano gli ideali, impalpabili e assoluti, di delicatezza e leggerezza.
In alto particolare della mostra L'alibi di Eva (foto Massimo Cova)
Lorena Giuranna
(10 settembre 2010)
Alcuni diritti riservati
.